Testo: Athos Rosato. Il Resto del Carlino, 23 ottobre 2017
Avevo 15 anni, e facevo il mozzo. A casa non c’era da mangiare. Andavo per mare con la ‘Ferruccio Ferri’. Quando abbiamo issato la statua a bordo, sono stato io a toccarla per primo. Ho pensato ad un morto. L’abbiamo messa a poppa. Pesava settanta-ottanta chili, era tutta coperta di ostriche e fanghiglia. Le mancavano i piedi, ma il fondo delle gambe luccicava perché si erano appena staccate dal basamento.
Eravamo tutti ignoranti, non pensavamo niente se non che si poteva vendere a qualcuno e ricavarci dei soldi. Come si faceva con le anfore che pescavamo. L’equipaggio si divideva la vendita, prendendo otto parti. Solo due andavano all’armatore. Col pescato invece si divideva a metà. Il Lisippo l’abbiamo anche scheggiato sopra l’ombelico con un pezzo di ferro. Volevamo togliere le alghe. C’è ancora adesso il segno. Quando sono andato a Malibù a vederla, ho riconosciuto la raschiatura.