Di curiosità e leggende attorno all’Arco d’Augusto ce ne sono tante, alcune antiche quanto la sua costruzione avvenuta nel 9 dopo Cristo.
Innanzi tutto, pur chiamandosi arco, il monumento più famoso di Fano è architettonicamente una porta.
L’iscrizione della trabeazione in cui sono citate le cariche di Augusto e il suo dono delle mura alla città contiene un errore: al tempo dell’iscrizione Augusto non era stato acclamato imperatore per 26 volte (XXVI) ma 16 (XVI).
L’attico superiore fu distrutto dalle artiglierie di Federico da Montefeltro durante l’assedio del 1463: la macerie furono utilizzate per la facciata dell’adiacente Chiesa di San Michele.
La citata chiesa fu arretrata nel 1937 per scoprire il fornice laterale di destra che era parzialmente coperto dall’edificio: la parte dell’arco restituita si distingue per la diversa colorazione del marmo.
Nel 1573, nella spalla destra dell’intradosso del fornice centrale, ad un’altezza tale da essere facilmente accessibile da un uomo a cavallo, viene aperta una buca per le donazioni per gli esposti ELEEMOSYNIS EXPOSITORVM: la Confraternita di San Michele si occupava infatti di assistenza ai bambini per i quali era necessaria la pubblica assistenza.
La chiave di volta presentava un protome, probabilmente una testa di elefante. Carlo Andrea Negusanti, autore nel Seicento di una raccolta di storie locali, scrive: “Sopra l’Arco di Augusto in Fano v’era una testa di toro, di marmo, e dove il demonio se ne era impadronito. e turbava non poco gli abitanti di quei contorni, e San Fortunato Vescovo della medesima città e Protettore, l’espurgò, e vi fece il segno della S. Croce come oggi si vede”.
I segni di quell’esorcismo sono ben visibili, la testa di animale, scambiato dal Negusanti per toro, non è più riconoscibile mentre si può cogliere i segni dello scalpello disposti a croce.